Nelle varie storiografie dell’Abbazia di Piobbico e della nascita del Comune di Sarnano si accenna spesso, anzi si parla, dell’Abbazia dei SS. Vincenzo ed Anastasio, posta a qualche chilometro a sud-est di Piobbico, nel territorio del Comune di Amandola. Dell’ antico monastero, che potrebbe essere datato come origine al secolo VIII, non rimane nulla, anzi le parti architettoniche presenti sono in massima parte ricostruite nei secoli XVIII-XIX. Questo monastero ha avuto molta parte negli avvenimenti storici sia dell’Abbadia di Piobbico che nella nascita del Comune di Sarnano, e le varie correlazioni sono trattate in questo testo da eminenti storici, questo scritto invece si limiterà sinteticamente ad esaminare quello che resta dell’architettura abbaziale, se mai resti originali possono essere presenti.
E’ necessario una sintesi del processo storico che ha generato l’abbazia, perché i tempi, riferiti alla nascita, dovrebbero essere causa delle caratteristiche architettoniche che potremmo quindi attualmente ricercare e confrontare.
Le notizie circa l’origine dell’Abbazia di San Vincenzo ed Anastasio sono dedotte dal testo di don Giuseppe Crocetti “Istituzioni Monastiche dei secoli XI-XII ai piè dei Sibillini”, Crocetti cita nel suo excursus storico spesso, e a volte con dubbia accettazione, un altro storico Amandolese P.Ferranti nel suo testo “ Memorie storiche della città di Amandola”.
Secondo il Ferranti, la fondazione di questa Abbazia dovrebbe risalire all’ VIII secolo, ipotesi basata su documenti di incerta e lacunosa interpretazione secondo il Crocetti, il quale fa risalire, invece, in termini più sicuri la sua fondazione intorno all’anno 1044. Precisa anche che i resti attuali, chiesa e monastero, debbono essere riferiti ad una ristrutturazione avvenuta nell’Abbazia nel 1295, citando l’intervento del vescovo di Fermo che in quell’anno esortava i fedeli a concorrere alle spese e manodopera per la ricostruzione della chiesa e del monastero, protrattasi fino agli inizi del sec. XV.
Piccolo inciso: tutti gli storici testimoniano l’origine dei complessi architettonici, di qualunque tipologia, basandosi esclusivamente su documenti scritti del tipo pergamenaceo e testi vari specialmente notarili. Tale procedura, anche se non confutabile vista la documentazione, non garantisce con certezza l’anno della nascita di un’opera d’architettura, come può essere una chiesa o un monastero o una rocca, ma ne garantisce l’esistenza nell’anno della pergamena o dello scritto relativo, ma non testimonia che il manufatto possa essere stato realizzato prima, e che solo nel tempo è stato citato dalle cartule e pergamene varie. Quello che invece garantisce il periodo storico della fondazione di un’opera architettonica sono solo i documenti archeologici evidenti, i quali testimoniano, in conseguenza di una attenta analisi ed in maniera inconfutabile, l’origine della sua nascita.
Continuando nella sintesi storica, si apprende dal Crocetti che nel 1541, in una visita dell’Abate Benedetto Galeotti di Amandola, viene citato lo stato di completo abbandono del monastero, e chiesa ridotta ad una stalla più che una chiesa, piena di erbacce di botti e di immondizie, e per questo stato non era più frequentata, pur godendo di un antico prestigio. Il Crocetti nel suo testo pubblica alcune piante e sezioni di come doveva essere all’origine chiesa e monastero, deducendole non so da quale fonte, senza altra documentazione citata, sicuramente soltanto da scritti del Ferranti. Tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX a causa dei continui terremoti manifestatisi per tutto il secolo XVIII, oltre a eccezionali alluvioni con trasporto di pietrisco e terriccio verso il complesso, con deposito di materiale, le condizioni strutturali erano tali che si decise di attuare una trasformazione riduttiva, probabilmente conservando quello che
poteva essere restaurato e demolendo il resto. In questo periodo furono fatte opere che in parte hanno portato all’attuale immagine della chiesa e del vecchio monastero. Nel testo di Crocetti si precisa anche che nel XIX e XX secolo il complesso chiesa e monastero erano utilizzati come azienda agricola, con stalle per il ricovero del bestiame, cascine, capanne e rustiche abitazione per le famiglie coloniche. Anche la chiesa, ridotta nelle dimensioni ed in parte ricostruita, completamente trasformata. Quindi in questo periodo furono fatte trasformazioni finalizzate principalmente all’attività agricola.
Ora è evidente, dopo questa sintesi storica, che per poter verificare e riscontrare le testimonianze delle varie epoche giunte a noi, si rende necessario un sopralluogo, in modo da cercare di mettere in evidenza ed in sequenza quello che potrebbe essere ancora databile storicamente e funzionalmente , quello che ne è rimasto, stimolando un futuro studio particolareggiato sulla cronologia delle presenze architettoniche, e magari cercare in profondità quello che non si vede ma che dovrebbe esserci.
Effettuato il sopralluogo il 27 novembre 2021, questo è la mia impressione:
In conclusione l’Abbazia, nelle indicazioni stradali Abbadia, dei SS. Vincenzo ed Anastasio in questo luogo, un tempo, c’è stata con le sue caratteristiche benedettine, ma quello che vediamo a tutt’oggi è un’altra cosa. Ci sono molteplici tratti di muratura originale e forse anche di spazi ma molto eterogenei e ricostruiti più volte con gli stessi materiali. Uno studio molto dettagliato nell’analisi del presente, potrebbe darci le risposte adeguate per un possibile restauro generale, con anche parziale ricostruzione filologica di quelle parti che ne dimostrassero l’esistenza e la testimonianza materica nel tempo, poi starà al restauratore scegliere lo strato da conservare e la superfetazione da demolire, in funzione della propria visione dell’insieme. Di positivo c’è il fatto che il complesso architettonico è stato sempre ricostruito, abbandonato e rifatto, ristrutturato con sovrapposizioni, con demolizioni varie, anche per diverse finalità funzionali, però non si è mai proceduto ad una sistematica ricerca archeologica con scavi mirati, ovviamente in tempi moderni o contemporanei, quindi le tracce originarie dovrebbero essere nascoste ma presenti. Ora sarebbe il momento di pensare a tale processo, insieme anche ad una indagine geologica con sondaggi puntuali, per verificare lo strato adatto al primo insediamento, che lo si fa risalire perfino al VI secolo. Quindi sarebbe auspicabile uno scavo di tipo archeologico per tutta l’area di sedime del complesso abbaziale, e questo potrebbe verificarsi in questo tempo post-sisma, visti i finanziamenti consistenti proposti dalle Ordinanze del Commissario alla Ricostruzione dopo il terremoto del 24 agosto 2016 e seguenti.
Sarnano 29/11/2021
Arch. Giuseppe Gentili