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59. Abbazia di San Vincenzo ed Anastasio


Nelle varie storiografie dell’Abbazia di Piobbico e della nascita del Comune di Sarnano si accenna spesso, anzi si parla, dell’Abbazia dei SS. Vincenzo ed Anastasio, posta a qualche chilometro a sud-est di Piobbico, nel territorio del Comune di Amandola. Dell’ antico monastero, che potrebbe essere datato come origine al secolo VIII, non rimane nulla, anzi le parti architettoniche presenti sono in massima parte ricostruite nei secoli XVIII-XIX. Questo monastero ha avuto molta parte negli avvenimenti storici sia dell’Abbadia di Piobbico che nella nascita del Comune di Sarnano, e le varie correlazioni sono trattate in questo testo da eminenti storici, questo scritto invece si limiterà sinteticamente ad esaminare quello che resta dell’architettura abbaziale, se mai resti originali possono essere presenti.

E’ necessario una sintesi del processo storico che ha generato l’abbazia, perché i tempi, riferiti alla nascita, dovrebbero essere causa delle caratteristiche architettoniche che potremmo quindi attualmente ricercare e confrontare.

Le notizie circa l’origine dell’Abbazia di San Vincenzo ed Anastasio sono dedotte dal testo di don Giuseppe Crocetti “Istituzioni Monastiche dei secoli XI-XII ai piè dei Sibillini”, Crocetti cita nel suo excursus storico spesso, e a volte con dubbia accettazione, un altro storico Amandolese P.Ferranti nel suo testo “ Memorie storiche della città di Amandola”.

Secondo il Ferranti, la fondazione di questa Abbazia dovrebbe risalire all’ VIII secolo, ipotesi basata su documenti di incerta e lacunosa interpretazione secondo il Crocetti, il quale fa risalire, invece, in termini più sicuri la sua fondazione intorno all’anno 1044. Precisa anche che i resti attuali, chiesa e monastero, debbono essere riferiti ad una ristrutturazione avvenuta nell’Abbazia nel 1295, citando l’intervento del vescovo di Fermo che in quell’anno esortava i fedeli a concorrere alle spese e manodopera per la ricostruzione della chiesa e del monastero, protrattasi fino agli inizi del sec. XV.

Piccolo inciso: tutti gli storici testimoniano l’origine dei complessi architettonici, di qualunque tipologia, basandosi esclusivamente su documenti scritti del tipo pergamenaceo e testi vari specialmente notarili. Tale procedura, anche se non confutabile vista la documentazione, non garantisce con certezza l’anno della nascita di un’opera d’architettura, come può essere una chiesa o un monastero o una rocca, ma ne garantisce l’esistenza nell’anno della pergamena o dello scritto relativo, ma non testimonia che il manufatto possa essere stato realizzato prima, e che solo nel tempo è stato citato dalle cartule e pergamene varie. Quello che invece garantisce il periodo storico della fondazione di un’opera architettonica sono solo i documenti archeologici evidenti, i quali testimoniano, in conseguenza di una attenta analisi ed in maniera inconfutabile, l’origine della sua nascita.

Continuando nella sintesi storica, si apprende dal Crocetti che nel 1541, in una visita dell’Abate Benedetto Galeotti di Amandola, viene citato lo stato di completo abbandono del monastero, e chiesa ridotta ad una stalla più che una chiesa, piena di erbacce di botti e di immondizie, e per questo stato non era più frequentata, pur godendo di un antico prestigio. Il Crocetti nel suo testo pubblica alcune piante e sezioni di come doveva essere all’origine chiesa e monastero, deducendole non so da quale fonte, senza altra documentazione citata, sicuramente soltanto da scritti del Ferranti. Tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX a causa dei continui terremoti manifestatisi per tutto il secolo XVIII, oltre a eccezionali alluvioni con trasporto di pietrisco e terriccio verso il complesso, con deposito di materiale, le condizioni strutturali erano tali che si decise di attuare una trasformazione riduttiva, probabilmente conservando quello che
poteva essere restaurato e demolendo il resto. In questo periodo furono fatte opere che in parte hanno portato all’attuale immagine della chiesa e del vecchio monastero. Nel testo di Crocetti si precisa anche che nel XIX e XX secolo il complesso chiesa e monastero erano utilizzati come azienda agricola, con stalle per il ricovero del bestiame, cascine, capanne e rustiche abitazione per le famiglie coloniche. Anche la chiesa, ridotta nelle dimensioni ed in parte ricostruita, completamente trasformata. Quindi in questo periodo furono fatte trasformazioni finalizzate principalmente all’attività agricola.

Ora è evidente, dopo questa sintesi storica, che per poter verificare e riscontrare le testimonianze delle varie epoche giunte a noi, si rende necessario un sopralluogo, in modo da cercare di mettere in evidenza ed in sequenza quello che potrebbe essere ancora databile storicamente e funzionalmente , quello che ne è rimasto, stimolando un futuro studio particolareggiato sulla cronologia delle presenze architettoniche, e magari cercare in profondità quello che non si vede ma che dovrebbe esserci.

Effettuato il sopralluogo il 27 novembre 2021, questo è la mia impressione:

  1. Cripta. Quella che viene definita cripta in questo caso e in questo tempo non è una cripta, ma locali costruiti per altre funzioni probabilmente cantine, poi definiti cripta perché sottostanti la chiesa ricostruita al primo piano. Non è che ogni vano ipogeo o sottostante la chiesa è definibile cripta nel senso della tipologia cristiana, in questo caso non è neanche seminterrata o interrata, ma posta al piano terra, con quota del pavimento a valle allo stesso livello circa del piano di campagna. Ci sono degli esempi di recupero di locali seminterrati costruiti per altri scopi poi usati come cripta di una chiesa, costruita successivamente al livello superiore. Ma questi due locali, coperti con volte a botte parallele, separate da un pilastro centrale di circa 1,20x 1,40 dal quale si impostano due arcate ribassate d’appoggio alle volte, accessibili tramite una rampa sul lato ovest, sembrerebbero molto locali adibiti a cantine e similari. La cripta è il luogo della testimonianza dei martiri, una strutture nata per la devozione delle reliquie, ed è costituita da un vano interrato o seminterrato sottostante la chiesa, il cui altare principale è posto a livello superiore, in corrispondenza della cripta, come radice e testimonianza di fede. Il vano cripta in sintesi è una tipica struttura dei monasteri benedettini e si caratterizza con diverse colonne che definiscono campate più o meno numerose coperte con volte a crociera in pietra o mattoni, volte che trovano poi l’appoggio nelle pareti perimetrali, di solito su semicolonne addossate. Nel caso dell’abbazia in questione i due vani rettangolari del piano terra divisi da un pilone rettangolare centrale, non dimostrano alcun elemento strutturale o decorativo caratteristico della cripta, né un luogo specifico come fuoco dello spazio per un altare o un reliquiario.
    La vera cripta, quella della fondazione dell’Abbazia Benedettina, potrebbe stare anche qualche metro a livello più basso rispetto all’attuale, su di un terreno più idoneo rispetto a quello che si riscontra visivamente al momento.

  2. La chiesa è posta al primo piano e non sopra la cripta, perché il dislivello tra le due è troppo rilevante per essere l’una il complemento dell’altra. Lo spazio liturgico sembra un recupero di una vecchia cascina più che un’aula ecclesiastica. Nei testi turistici la chiesa viene definita come autentica parte dell’originale Abbazia, e sarebbe ricavata dal presbiterio rialzato, però con l’ingresso verso est invece che ad ovest. Inoltre questo spazio è diviso in due zone uguali che vengono definite abside e coro, tutto ciò non è riscontrabile nelle tipologie ecclesiastiche, tantomeno in quelle benedettine. Viene scritto dal Crocetti che la chiesa è stata ricostruita nel XIX secolo, ma anche nel XIX secolo una chiesa doveva essere una chiesa, approvata dall’Episcopato nel rispetto di una tipologia, anche se in una ricostruzione. Alcune parti, tipo le monofore sulla facciata est, potrebbero essere ricostruite in anastilosi utilizzando i materiali in loco, ma l’insieme non è riferibile ad una tipologia di chiesa. Solo il nome è rimasto tale.

  3. Il chiostro viene identificato nello spazio tra la chiesa e le varie costruzioni ex-conventuali. Anche in questo caso non si riscontrano elementi che possano far pensare ad un chiostro. Solo uno scavo potrebbe far riemergere il chiostro, almeno nelle sue fondazioni, e determinarne la dimensione.

  4. Tutti gli altri immobili forse sono sorti sullo spazio che un tempo era occupato dal convento, capitolo, refettorio, dormitorio, ecc., anche se comunque ricostruiti in tempi recenti, data la presenza di cordoli in calcestruzzo a vista. Qualche vano potrebbe essere del XVI secolo.

In conclusione l’Abbazia, nelle indicazioni stradali Abbadia, dei SS. Vincenzo ed Anastasio in questo luogo, un tempo, c’è stata con le sue caratteristiche benedettine, ma quello che vediamo a tutt’oggi è un’altra cosa. Ci sono molteplici tratti di muratura originale e forse anche di spazi ma molto eterogenei e ricostruiti più volte con gli stessi materiali. Uno studio molto dettagliato nell’analisi del presente, potrebbe darci le risposte adeguate per un possibile restauro generale, con anche parziale ricostruzione filologica di quelle parti che ne dimostrassero l’esistenza e la testimonianza materica nel tempo, poi starà al restauratore scegliere lo strato da conservare e la superfetazione da demolire, in funzione della propria visione dell’insieme. Di positivo c’è il fatto che il complesso architettonico è stato sempre ricostruito, abbandonato e rifatto, ristrutturato con sovrapposizioni, con demolizioni varie, anche per diverse finalità funzionali, però non si è mai proceduto ad una sistematica ricerca archeologica con scavi mirati, ovviamente in tempi moderni o contemporanei, quindi le tracce originarie dovrebbero essere nascoste ma presenti. Ora sarebbe il momento di pensare a tale processo, insieme anche ad una indagine geologica con sondaggi puntuali, per verificare lo strato adatto al primo insediamento, che lo si fa risalire perfino al VI secolo. Quindi sarebbe auspicabile uno scavo di tipo archeologico per tutta l’area di sedime del complesso abbaziale, e questo potrebbe verificarsi in questo tempo post-sisma, visti i finanziamenti consistenti proposti dalle Ordinanze del Commissario alla Ricostruzione dopo il terremoto del 24 agosto 2016 e seguenti.

Sarnano 29/11/2021

Arch. Giuseppe Gentili